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Iardella e Bianchi: i capitani di un tempo che ha fatto crescere tutti


I due ex capitani e idoli gialloblù hanno deciso di appendere le scarpe al chiodo
Nel basket, come nella vita, esistono figure che ad un certo punto non riesci ad immaginare altrove, se non dove li hai visti per molto tempo, quasi anacronistico il loro rapporto così lungo con i colori gialloblù. Alessio Iardella e Camillo Bianchi sono stati questo per Piombino: due presenze così continue, così sincere e così coerenti da confondersi quasi con il telone del Palatenda, con le voci dei tifosi, con le abitudini della domenica pomeriggio. La storia è quella iniziata nel 2013, con l’arrivo in gialloblù di entrambi. È quella di una squadra che saliva per la prima volta in Serie B, e di un gruppo che avrebbe iniziato a scrivere qualcosa che a Piombino è rimasto e rimarrà a lungo. Non si tratta solo di risultati,si tratta di legami, di identità, di quanto certi giocatori riescano a diventare parte del racconto, fino ad essere un tutt’uno con esso e con quella maglia. Alessio Iardella col Golfo, è entrato da giovane in una squadra nuova, si è caricato le spalle come si fa con le cose importanti ed è cresciuto con ls squadra. A vederlo, sembrava sempre a suo agio, da titolare, da sesto uomo, da capitano, da riferimento tecnico ed emotivo. Era il ragazzo della porta accanto, quello a cui non dovevi spiegare quanto ti faceva male perdere, o quanto valesse vincere. Il rapporto con l’ambiente, è stato sempre familiare, a partire dal presidente e dalla moglie, che l’hanno vissuto più come un figlio, che come un tesserato. In campo un trascinatore, ha saputo accendersi nei momenti decisivi, ha firmato partite chiave, ha segnato quasi 2000 punti in maglia gialloblù e chiuso la sua esperienza con 198 presenze, senza mai perdere la sua semplicità. Camillo Bianchi è stato un’altra cosa, ma della stesso stampo. Un lavoratore, di quelli che non si risparmiano mai, che non fanno rumore, che ti portano l’inerzia dalla parte giusta, anche se non li trovi troppo nei tabellini. Un difensore d’élite, un giocatore che chi lo ha allenato, ha sempre voluto avere e che chi ha tifato ha sempre apprezzato con gratitudine. Nel prosieguo della carriera in gialloblu è cresciuto anche offensivamente, con quel micidiale tiro da tre, ribattezzato dai nostri cronisti “la bomba ignorante dell’uomo di Pomarance”. Anche il suo legame con il club è stato totale: 11 stagioni, 299 presenze (record assoluto), e una carriera in gialloblù costruita metro dopo metro, senza mai smettere di mettersi al servizio del gruppo. Negli ultimi tre anni è stato capitano, raccogliendo l’eredità di Iardella, ma il passaggio non è stato un cambio, solo un proseguimento di quanto fatto dal compagno Iarde. Con coach Andreazza, i due sono diventati punti fermi di un progetto che ha portato Piombino a vivere stagioni memorabili, come quella della semifinale playoff. Non solo per i piazzamenti, ma per la spessore tecnico e umano di quel gruppo. Quel periodo ha mostrato quanto la forza della provincia potesse esprimersi in un’identità tecnica precisa, fondata su sacrificio, intensità, appartenenza. Iardella e Bianchi, con i loro ruoli diversi, sono stati i due pilastri fondamentali di questa architettura. Poi, il tempo ha fatto il suo corso. I due hanno preso strade diverse, ma il destino ha voluto salutarli nel modo più inaspettato e poetico: uno contro l’altro, da avversari, nella finale playoff di Serie C tra Prato e San Vincenzo. Una partita combattuta, vera, ma dal sapore dolce, per loro forse più che una sfida, è sembrata una festa d’addio a quello sport che hanno tanto amato. Da quella gara, il San Vincenzo di Bianchi è uscito vincitore e si è guadagnato un posto nelle Final Four promozione del 7 giugno. Ma per chi ha amato Iardella e Bianchi in maglia gialloblù, il vero epilogo era già lì, nel vedere due ex capitani salutarsi in campo, da avversari, dopo una vita passata dalla stessa parte. A Piombino non serve raccontare chi sono stati, basta dire i nomi, anzi come li chiamavano i tifosi, Iarde e Millo e basterà ancora per molto. Perché chi gioca e resta nella memoria lo fa senza alzare la voce, senza cercare l’applauso. Per la maglia. Lo fa come hanno fatto loro, un giorno dopo l’altro, con serietà, passione e senso del dovere e soprattutto, con amore per quella maglia che li ha visti crescere. Piombino è tutta in piedi, come sui gradoni del Palatenda, a salutare due capitani storici, due beniamini dei tifosi. Per sempre gialloblù, buona vita Iarde e Millo.

di Stefano Stefanini e Daniele Perini