About

Breaking News

Dalla San Giobbe alla Nazionale U16. Zanco: “Azzurri un sogno, adesso serve la scintilla per i Bulls”


Appena tornato dall’esperienza con la nazionale italiana Under 16 al torneo di Iscar e subito rientrato a pieno regime sulla panchina biancorossa della San Giobbe. Il focus a trecentosessanta gradi sulla parentesi azzurra e sulla stagione dei Bulls con Nicolas Zanco, primo assistente nello staff tecnico di coach Bassi. Si è conclusa da poco l’esperienza con la nazionale under 16 al torneo di Iscar. Cosa ha significato per te? “Un’esperienza veramente emozionante. Ricevere la chiamata azzurra è stato il coronamento di un sogno, ma credo lo sia per ogni allenatore. Prima di tutto una grande esperienza a livello personale ed emotivo, poi ho trovato un gruppo di ragazzi fantastici all’inizio di un percorso che porterà agli europei. Ci tengo a ringraziare Giovanni Bassi in primis, ma tutta la società della San Giobbe, la Reyer Venezia e Alberto Buffo per avermi dato questa opportunità e per avermi permesso di lasciare il club per qualche giorno per andare in nazionale”. Il torneo è la prima tappa di un percorso che porterà all’impegno europeo di agosto. In virtù di quanto visto in Spagna che pensiero ti sei fatto sui prossimi appuntamenti? “In relazione a quanto visto a Iscar abbiamo un gruppo interessante. Magari, ad oggi, un po’ più indietro rispetto a corazzate come Spagna, Francia e le prime della classe a livello europeo. Però abbiamo ragazzi interessanti che cresceranno nell’arco dei mesi. L’obiettivo è quello di colmare il gap da ora all’europeo di agosto e andare a Creta per giocare le nostre carte, magari rimanendo in prima fascia e poi andando ai playoff. Vedremo quanto saremo stati bravi a crescere nei prossimi mesi”. Da sempre abituato a lavorare con i ragazzi, qual è la tua opinione sullo stato di salute del basket italiano a livello giovanile? “A livello numerico abbiamo un movimento molto vivo, ci sono tanti ragazzi che si avvicinano alla pallacanestro e che vogliono mettersi alla prova. Però dal lato infrastrutture, palazzetti e palestre siamo indietro. In più si cerca di far troppo presto selezione, dando poca possibilità di lavorare sulla qualità. Di rimando a questo si verifica un fenomeno di dispersione dei ragazzi di talento e questo è un aspetto deficitario rispetto alle altre nazioni europee, paesi in cui la cultura, anche a livello scolastico e giovanile, è sicuramente più avanti rispetto alla nostra. Il nostro è un processo diverso che porta ragazzi dai 18 ai 22 anni a poter già competere e far parte dei roster delle prime squadre. Un po’ quello che è successo a noi alla San Giobbe, ma anche in altre realtà ci sono ragazzi giovani che giocano da protagonisti nei campionati senior. Questo, negli altri campionati europei, a volte non accade”. Passando alle vicende di casa San Giobbe la scorsa settimana è stata probabilmente la più complessa. “Una settimana complicata per la squadra e per me. Sono rimasto in contatto quotidiano con lo staff. Il sentimento che ha prevalso, purtroppo, è stata la preoccupazione per gli infortuni. Ne abbiamo avuti tanti e hanno inficiato sulla preparazione della partita, non permettendoci di arrivare pronti alla domenica. Penso che il nostro punto di forza in questi mesi sia stata la preparazione di squadra e di staff per lavorare sul gap che ci vede indietro rispetto agli avversari. A volte a livello fisico, altre a livello tecnico. Con la tattica siamo riusciti a colmare il divario e a giocare punto a punto la maggior parte delle partite. La settimana scorsa tutto questo non è stato possibile e la partita ne è stata lo specchio”. Visti i tanti problemi fisici è il momento di lavorare sulla testa dei ragazzi? “La fiducia, quando arrivano tante sconfitte, è la cosa più difficile da mantenere. Noi stiamo attraversando un periodo poco brillante dal punto di vista dei risultati e, per questo, un gruppo giovane e a volte inesperto, può rischiare di demoralizzarsi. I ragazzi hanno però tanta voglia di lavorare, siamo tornati in palestra con un altro spirito, stiamo piano piano recuperando i pezzi e speriamo di riavere i giocatori che mancano da tempo nelle prossime settimane”. Arriva Udine, una delle migliori squadre del campionato. Paradossalmente la partita più semplice da preparare? “Da un punto di vista tecnico e tattico sì. Squadre del genere giocano bene a pallacanestro, hanno le idee chiare e gli stimoli sono più semplici da trovare. Paradossalmente è tutto più facile durante la settimana rispetto a quando hai davanti partite tese che sei costretto a vincere, oppure squadre più sporche con le quali fai fatica. Con Udine, lo abbiamo dimostrato all’andata nonostante il gap finale, facemmo una partita attenta, riuscendo a stare a contatto fino all’inizio del quarto quarto. Contro questa tipologia di squadre riusciamo ad avere preparazione e un accoppiamento difensivo nonostante l’ovvio gap fisico; sia per stimoli che per tattica sono convinto faremo la nostra partita”. Quale può essere la ricetta per i prossimi mesi? “Probabilmente, dal punto di vista mentale, bastano una-due vittorie per ritrovare l’entusiasmo. Credo serva una scintilla per riaccendere sia i ragazzi che l’ambiente e per trovare settimane di continuità di lavoro, di energia e di tranquillità. Dall’altro lato, il recupero degli infortunati ci darebbe la possibilità di disporre del roster al completo, cosa successa solo in un’occasione su quindici, e potrebbe aiutare noi dello staff ad avere più scelte, ma anche i giocatori che risulterebbero meno logorati dall’iper utilizzo forzato e più lucidi nei momenti decisivi”. Di fatto per te un rientro in famiglia dopo l’esperienza in Reyer. Come ti stai trovando a Chiusi? “Mi sto trovando molto bene, sapevo sarebbe stata un’annata con una squadra giovane e da modellare. Per un allenatore come me, abituato al settore giovanile ma con esperienze anche nelle prime squadre, un ambiente molto stimolante. Ho ritrovato ragazzi come Chapelli e Possamai con i quali avevo lavorato a Venezia, con lo staff c’è un rapporto speciale sia dal punto di vista tecnico che umano e non potevo chiedere di meglio personalmente. Mi sto trovando molto bene, ma questo vale anche per la mia famiglia. Vivere a Chiusi è stata una bella sorpresa”. Che tipo di persona è Nicolas fuori dal palazzetto? “La pallacanestro è un lavoro abbastanza totalizzante che richiede tanto tempo da dedicare dentro e fuori dal campo. Lo sport e il gioco mi avvolgono anche fuori dal palazzetto, sono una persona che si dedica a qualsiasi tipo di attività e a cui piace giocare a tutto, anche a carte. Ho tanto agonismo, voglio sempre vincere anche se gioco con i miei nipoti. Per il resto mi piace viaggiare, se posso con la mia famiglia ma anche da solo per trovare un po’ di relax. Mi piace sperimentare nuove culture anche a livello culinario. Mi definisco un sognatore viaggiatore con la testa sulla pallacanestro”.

San Giobbe Basket